COSTI NASCOSTI NELLA BOLLETTA: COME SCOVARLI

COSTI NASCOSTI NELLA BOLLETTA: COME SCOVARLI

Costi nascosti nella bolletta: come scovarli

Hai da poco ricaricato la sim del tuo cellulare con 10,00 euro, ma, magicamente, il tuo credito residuo è pari a 9,00 euro, appena dopo aver proceduto alla attivazione. Ti sei mai chiesto come mai? La risposta sta nel fatto che le compagnie di telefonia addebitano spesso costi di cui l’utente non è a conoscenza, che consistono in servizi non richiesti, oggetto già di denuncia alle associazione dei consumatori per i gestori Wind, Tre, Vodafone e Tim.

Infatti, si stima che ogni mese tali costi e servizi aggiuntivi non richiesti facciano salire il costo della bolletta di più del 15%. Adesso, elencheremo alcuni dei costi nascosti più comuni:

  • servizio chiama ora, chiamami, ti ho cercato: un tempo gratuito, ed ora a pagamento;
  • Costi per la segreteria telefonica: attenzione! Non è gratuito ascoltare i messaggi lasciati in segreteria;
  • Costi legati al piano tariffario di base: scattano quando finiscono i Giga e i minuti concordati, oltre questa soglia, scattano le tariffe di base che possono avere costi più elevati;
  • Costi non compresi nelle formule “tutto incluso”: ad esempio chiamate all’estero, chiamate verso numeri di rete fissa o verso cellulari di un particolare operatore;
  • Costi per l’utilizzo del servizio hotspot: quando non si dipone di rete wifi, il proprio telefono viene usato come modem: ma non tutti i gestori permettono di usare i propri giga a disposizione, come Vodafone, che addebita un costo ulteriore;
  • Costi di attivazione SIM: se viene richiesto in negozio abbiamo una maggiorazione di 2/3 euro, se invece si utilizza l’app il servizio è gratis;
  • Costi per conoscere il credito residuo: 40 centesimi per ogni chiamata al numero di servizio, se invece si controlla online il servizio è gratuito.

Questi, sono solo alcuni dei costi aggiuntivi più comuni che possono essere accreditati a carico degli utenti, ma bisogna esserne a conoscenza, anche perché non tutti possiedono adeguata dimestichezza con i mezzi tecnologici. Gli anziani ad esempio, non sanno disattivare questi costi non richiesti e possono incappare, purtroppo, in ulteriori maggiorazioni attivando per sbaglio altri servizi. Per questo è utile monitorare la situazione e tutti gli addebiti presenti sulla propria utenza telefonica, leggere attentamente le condizioni di contratto e chiedere spiegazioni al gestore in negozio, interloquendo con persone fisiche.

Nel caso in cui disservizi sono stati più ingenti, potrebbe essere necessario esperire un tentativo obbligatorio di conciliazione, che rappresenta il metodo più rapido ed efficace rispetto alla instaurazione di un processo: in tal caso non esitare a contattarci per una consulenza su come funziona tale procedimento e come proporre l’istanza.

Inoltre, sono presenti alcune ipotesi esclusive in cui tale tentativo va instaurato: specialmente, se nella controversia con l’operatore siano state violate le disposizioni relative al servizio universale e ai diritti degli utenti finali.

Se ti trovi in uno stato di dubbio, inviaci la tua fattura e controlleremo se si tratta di costi nascosti e ci attiveremo per consentirti di ottenere il rimborso di quanto illegittimamente corrisposto alla compagnia telefonica.

 

Se vuoi avere ulteriori informazioni sul tema, non esitare a contattarci!

Saremo sempre a tua disposizione per ogni tipo di consulenza legale!

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COME DIFENDERSI DALLE DIFFAMAZIONI ONLINE

COME DIFENDERSI DALLE DIFFAMAZIONI ONLINE

Come difendersi dalle diffamazioni online:

La tua attività è stata screditata pubblicamente su un sito internet? Se sei stanco della cattiva pubblicità, degli insulti provenienti da perfetti sconosciuti dopo anni di duro lavoro per costruire la reputazione della tua impresa, puoi rivolgerti a noi.

Gli internet service provider sono intermediari di servizi informatici che si occupano di caricare le informazioni sul web, e all’interno dell’ organizzazione del servizio coesistono varie figure, tra cui gli hosting service provider: il loro regime di responsabilità in ordine ai contenuti pubblicati risulta ancora poco chiaro, ma in questo breve articolo cercheremo di approfondire la questione.

Abbiamo già trattato delle insidie che si possono celare sulla rete e sui social network (leggi il nostro articolo sul cyberbullismo), ma oggi parleremo di una ulteriore sfida che ci propone la tecnologia: come reagire alle diffamazioni a mezzo internet e quali strumenti ci fornisce la legge italiana.

In questi casi è possibile attivare un procedimento d’urgenza, che serve ad ovviare a situazioni di pericolo imminente, il quale può portare all’emanazione di un provvedimento d’urgenza utile a far cessare le molestie e il comportamento illecito.

I contenuti denigratori, pubblicati su piattaforme online o social network, possono minare la reputazione di un buon imprenditore e per questo, anche per via di un nuovo orientamento emerso in giurisprudenza[1], è stato chiarito il regime di responsabilità dell’hosting provider e l’obbligo per lo stesso di rimozione di contenuti diffamatori.

Ma chi è l’hosting provider? L’host, letteralmente “colui che ospita” è un servizio di rete, offerto da una azienda, che permette di ospitare un sito web su un server permettendo ai visitatori online di accedervi: il web host (o hosting provider) è colui che garantisce un servizio di hosting efficiente. Ad esempio, si occupa di fornire al sito la tecnologia necessaria per farlo funzionare bene, oppure protegge dagli attacchi degli hacker sorvegliando i server del sito h24.

Si distinguono due tipi di hosting provider, identificati come attivi o passivi, a seconda del ruolo più o meno neutrale che assumono nella prestazione del servizio di memorizzazione di informazioni online fornite dagli utenti. 

Gli hosting provider:

passivi vanno esenti da responsabilità in caso di pubblicazione di contenuti illeciti, infatti, per sviluppare la tecnologia e  la libertà di informazione, dalla normativa non è stato previsto uno specifico dovere di sorveglianza dell’host, anche per il numero potenzialmente infinito dei contenuti da controllare.

attivi, invece, avrebbero il compito di sorvegliare attivamente i contenuti ospitati potendo monitorarli e riorganizzarli. Per questi motivi, all’hosting attivo non è concessa l’esenzione di responsabilità per contenuti pubblicati on line, e l’autorità giudicante può anche ordinargli di rimuovere i contenuti diffamatori.

Tuttavia, rimane insoluto un problema di fondo: se la disciplina di settore non prevede un obbligo di vigilanza preventivo e continuativo sui contenuti messi online dagli utenti, né vi è alcuna norma che preveda specificamente la figura dell’hosting provider attivo,  come si fa ad obbligarlo a controllare e eliminare i contenuti illeciti?

Sarebbe quindi auspicabile formulare una interpretazione della normativa più al passo coi tempi, che delinei i contorni della figura di un hosting provider attivo, il quale potrebbe bloccare queste attività, attribuendo così  una maggiore responsabilità anche al gestore del servizio per le molestie che avvengono sui suoi siti.

 

[1] Trib. Milano, sez. I, ord. dep. 17 giugno 2020, Trib. Milano, sez. I, ord. dep. 27 novembre 2018, Cass.civ. sez. I, 19 marzo 2019 n.7708

 

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U-MASK: PUBBLICITÀ INGANNEVOLE

U-MASK: PUBBLICITÀ INGANNEVOLE

U-Mask: quando la pubblicità ingannevole causa il ritiro dal mercato

Le mascherine dette “U-Mask”, sono diventate famose per il loro design alla moda e colorato, per essere indossate da politici e personaggi dello spettacolo, ma, in seguito a un servizio fatto nel mese di dicembre da Striscia la notizia, il brand ha perso   la credibilità di cui godeva. 

Il noto TG satirico infatti, ha alzato un vero e proprio polverone, dopo aver notato una serie di incongruenze e irregolarità nella procedura di autorizzazione alla vendita e nei test da eseguire sul prodotto per dichiararlo conforme alle normative sanitarie.

Le indagini dei Nas di Bolzano sono iniziate verso la fine di gennaio e hanno condotto al sequestro del laboratorio, sito in Trento, in cui venivano prodotte le U-Mask.

Il problema principale era la mancanza di un certificato di autorizzazione valido, perché le mascherine erano sì identificate come dispositivi medici in base a una attestazione di un laboratorio, ma si trattava di un documento firmato da un soggetto senza il possesso di una laurea.

Inoltre, affinché le mascherine siano legalmente poste in commercio, occorre che sia effettuato un test di “pulizia microbica”. Le U-mask invece sono entrate in commercio a Marzo 2020, sebbene tale tipologia di test sia stato effettuato solamente nel mese di giugno, a posteriori rispetto il momento di messa in commercio.

In proposito, la risposta della amministratrice della società è stata memorabile: “c’era troppa coda per effettuarli”. Quindi, tanto meglio mettere subito le mascherine in vendita, ponendo a repentaglio la salute dei consumatori.

Sul sito ufficiale della società poi, le U-Mask erano pubblicizzate come dispositivi medici paragonabili alle mascherine FFP2 e FFP3, anche se non esisteva alcuna autorizzazione che lo attestasse, e ne era esagerata indebitamente l’efficacia. La mascherina infatti, veniva classificata come dispositivo IIR (dispositivo medico) ma non era stato fatto un adeguato controllo valutativo in merito.

Anche l’autorità garante per la concorrenza e il mercato è intervenuta a seguito delle scorrettezze perpetrate, dato che venivano pubblicizzati dei dispositivi che non avevano alcuna dichiarazione di conformità.

Dato anche il costo, non irrisorio delle U-Mask (33,60 € il prezzo base), i consumatori risultano ingannati dalle dichiarazioni del produttore che ha invece enfatizzato le caratteristiche innovative della mascherina, dando la percezione che si trattasse di un prodotto con qualità superiori rispetto alla media.

Di recente, è stata bandita la vendita anche del nuovo modello di mascherina, la U-Mask 2.1, che secondo i test eseguiti in laboratorio possiede un buon livello di filtrazione ma non ha superato il test della respirabilità.

Il caso U-Mask resta ancora aperto, sebbene siano stati migliorati i controlli di qualità e relative attestazioni mediche, agli occhi dei consumatori il brand ha perso la credibilità di cui godeva prima a seguito di tanta pubblicità negativa.

Così è stato spiegato il via al “procedimento istruttorio” nei confronti delle società U-Earth Biotech Ltd. e Pure Air Zone Italy S.r.l., che producono quella che sul loro sito viene definita “la prima mascherina biotech, riutilizzabile fino a 200 ore di utilizzo effettivo” e che, in un primo momento, prometteva protezioni paragonabili a dispositivi FFP2 e FFP3

Così è stato spiegato il via al “procedimento istruttorio” nei confronti delle società U-Earth Biotech Ltd. e Pure Air Zone Italy S.r.l., che producono quella che sul loro sito viene definita “la prima mascherina biotech, riutilizzabile fino a 200 ore di utilizzo effettivo” e che, in un primo momento, prometteva protezioni paragona

 

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CYBERBULLISMO: COME REAGIRE

CYBERBULLISMO: COME REAGIRE

Cyberbullismo: come reagire 

Tu, un tuo familiare o un tuo amico siete stati vittime di cyberbullismo? In tal caso, non esitare a contattarci. Sappi che non sei solo e sono previsti degli appositi strumenti giuridici volti a contrastare questo subdolo fenomeno.

Il cyberbullismo è una vera e propria violenza psicologica, che può avere varie manifestazioni e può causare problemi di ansia, insonnia, patologie depressive, isolamento sociale, fino, nei casi più estremi, integrare l’ipotesi delittuosa di istigazione al suicidio.

La differenza, rispetto al bullismo, è la portata ancora più capillare del fenomeno, dato che a mezzo della rete internet e dei social network, la vittima si trova esposta a una platea ancora più grande di bulli, che non rientrano nella stretta cerchia scolastica. Inoltre, le minacce e le offese dei cyber-persecutori non incontrano limiti di tempo, poiché possono essere effettuate a tutte le ore, e raggiungere molte persone in un istante.

Il problema è che tale fenomeno si manifesta per lo più tra i minori, e per questo molti sono scoraggiati dall’intraprendere un’ azione legale, data la normale non punibilità di questi ultimi. Oppure, chi diffonde i materiali infamanti tramite internet risulta difficile da rintracciare, lasciando così i cyberbulli impuniti.

Grazie all’intervento legislativo, previsto dalla legge n. 71/2017, è stata predisposta una apposita definizione di cyberbullismo e sono stati individuati i comportamenti tipici con cui vengono posti in essere tali abusi.

Ad esempio, si parla di outing and trikery (trarre in inganno, letteralmente) quando la vittima viene danneggiata tramite la pubblicazione su chat, social network, o in rete, di immagini che la ritraggono nuda o in situazioni di intimità, senza il suo consenso.

Oppure, possono verificarsi ipotesi di impersonation, quando il cyberbullo si appropria della identità della vittima, entrando nel suo account social o in alcuni servizi online, per pubblicare una serie di contenuti inopportuni o inviando messaggi, con lo scopo di ridicolizzarla. 

Inoltre, si possono manifestare anche ipotesi di denigration, tramite la diffusione su internet di notizie, foto, o video offensivi per screditare la vittima, oppure casi di cybershaming ( come la ripresa e la pubblicazione di una aggressione) e harassment (molestie tramite internet che possono giungere fino alla minaccia di lesioni gravi o, addirittura, di morte).

I comportamenti appena elencati integrano diverse figure di reato e possono dare luogo, se la persona offesa intende perseguirli in giudizio, ad una azione penale.

Le tutela in sede civilistica, invece, può seguire o al vittorioso esperimento dell’azione penale, oppure può essere intentata indipendentemente. I reati possono essere resi noti all’autorità pubblica tramite querela o denuncia della persona offesa, e nei casi più gravi, può intervenire un ammonimento del questore.

I rimedi riconosciuti per contrastare il fenomeno del cyberbullismo sono molteplici. Il rimedio tipico è il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, ai sensi degli articoli 2043 e 2059 c.c. La vittima, infatti, può ottenere soddisfazione, tramite la corresponsione di una somma di danaro, per i danni ingiusti patiti sulla sua persona e sulle sue cose in occasione dell’evento dannoso.

La legge italiana inoltre, prevede la possibilità di punire il cyberbullo anche se minorenne, infatti per essere considerati colpevoli di tali reati è sufficiente la capacità di intendere e di volere (14 anni), e non la capacità di agire (18 anni).

I genitori sono chiamati a rispondere patrimonialmente dei danni causati dal minore e, ultimamente, è stata riconosciuta in giurisprudenza una apposita ipotesi di responsabilità, la cd. “culpa in educando e vigilando”. I genitori infatti, in qualità di soggetti tenuti alla vigilanza ed alla cura della educazione dei propri figli potrebbero essere ritenuti responsabili per la loro negligenza, comportando in capo a loro uno specifico dovere risarcitorio. 

Inoltre, gli interessati possono chiedere l’oscuramento, il blocco o la rimozione dei contenuti illeciti al gestore del sito, e, qualora entro 48 ore non si provveda alla loro eliminazione, è possibile rivolgersi al Garante per la protezione dei dati personali o alla polizia postale.

Questi elencati sono i rimedi esperibili in sede civile, e, nel caso ritenessi di essere stato vittima di una delle situazioni illustrate sopra, puoi rivolgerti al nostro team di esperti che ti sapranno fornire la loro assistenza per il risarcimento dei danni da reato.

 

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VOLI CANCELLATI E BIGLIETTI NON RIMBORSATI

VOLI CANCELLATI E BIGLIETTI NON RIMBORSATI

Volo cancellato e biglietto non rimborsato? Se anche tu sei vittima di pratiche commerciali scorrette da parte delle compagnie aeree, non ti preoccupare, ci pensiamo noi.

La prassi ormai invalsa, presso alcune famose compagnie di volo, è la seguente: si compra un biglietto aereo, poco prima della data della partenza viene cancellato il volo: invece che vedersi rimborsato il costo del biglietto, il cliente riceve un “voucher”, una sorta di buono da spendere per futuri viaggi.

In tempi di pandemia, purtroppo, non è semplice pensare di poter riprogrammare un viaggio, per questo l’emissione di voucher non può dare soddisfazione al viaggiatore, che invece preferirebbe vedersi rimborsato l’intero costo del biglietto. Questo comportamento rappresenta una violazione delle regole previste dalla direttiva europea che tutela i diritti dei passeggeri e in generale, della normativa a tutela del consumatore.

Prima di tutto, se hai problemi a contattare la compagnia aerea, la cosa più consigliabile da fare è inviargli un pec: saremo lieti di aiutarti!

Inoltre, da parte del MiBACT (ministero per i beni e le attività culturali), è stato istituito un fondo di 5 milioni di euro per il 2020 e 1 milione per il 2021 per indennizzare i viaggiatori nel caso in cui non abbiano utilizzato il voucher, oppure la compagnia sia fallita.

La procedura di rimborso invece, inizia entro 30 giorni dall’annullamento del  volo, bisogna mostrare il biglietto, le motivazioni della partenza e della cancellazione del viaggio. Entro ulteriori 30 giorni la compagnia o l’agenzia presso cui si è effettuato l’acquisto devono o rimborsare il costo totale del biglietto o emettere un voucher da usare entro un anno.

L’autorità garante per la concorrenza e il mercato (AGCM) si è interessata delle violazioni poste in essere da alcune compagnie: Easyjet, Blue Panorama, Ryan air e Vueling, e, per sanzionare i comportamenti anti concorrenziali, ha previsto due tipi di azioni: le cd. follow on action e la stand alone action.

La prima prevede un onere della prova a vantaggio del consumatore e meno gravoso, poiché è la stessa autorità amministrativa che accerta l’illecito in capo alle compagnie aeree, nella seconda invece gli accertamenti vengono fatti dalla commissione.

Un’altra via percorribile, è quella di adire le ADR (strumenti alternativi di risoluzione delle liti) le quali offrono una celere soluzione delle controversie tra professionisti e consumatori, senza passare per le aule giudiziarie.

 

Se ti si è presentato lo stesso problema saremo lieti di aiutarti, e procedere o alla richiesta di rimborso o intraprendere l’azione legale.

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