RIMBORSO CESSIONE DEL QUINTO

RIMBORSO CESSIONE DEL QUINTO

RIMBORSO CESSIONE DEL QUINTO.

In cosa consiste il rimborso della cessione del quinto?

Hai stipulato una cessione del quinto e al momento della sua estinzione anticipata o del rinnovo, la finanziaria ti ha fornito un conteggio estintivo sottoponendo alla tua attenzione una serie di costi (come capitale residuo, interessi non goduti) ancora da saldare.

La stessa banca, però, non ti ha informato di una serie di costi che invece per legge è tenuta a rimborsarti o che magari ti sono stati rimborsati solo parzialmente.

E allora, come posso ottenere il rimborso?

Se negli ultimi dieci anni hai estinto o rinnovato la cessione del quinto, permettici di esaminare la documentazione in tuo possesso senza alcun anticipo di costi. Sapremo dirti se hai diritto al rimborso e ti consentiremo di ottenerlo.

Non sei più in possesso della documentazione rilasciata dalla banca?

Niente paura, puoi richiederla nuovamente alla finanziaria o, con una semplice delega, possiamo farlo noi per te.

Non perdere quest’occasione e riprenditi ciò che ti spetta di diritto. Affidati a noi per ottenere il tuo rimborso.

 

 

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MUTUO FONDIARIO E VIOLAZIONE DEL LIMITE DI FINANZIABILITA’

MUTUO FONDIARIO E VIOLAZIONE DEL LIMITE DI FINANZIABILITA’

Il mutuo, ai sensi dell’art. 1813 c.c., è un contratto in virtù del quale una parte consegna all’altra una quantità di denaro o bene di altro genere, e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e quantità. Esso è definibile volgarmente come un prestito.

I contratti di credito ai consumatori, relativi specialmente ad immobili residenziali, sono regolati dal TUB, Testo Unico Bancario.

Ciò premesso, è necessario evidenziare le differenze tra mutuo ipotecario e mutuo fondiario.

Il mutuo fondiario, viene concesso dalle banche per finanziamenti a medio-lungo termine, garantiti da una ipoteca di primo grado su beni immobili. Ad oggi, il limite massimo di finanziabilità è pari all’80% del valore dei beni ipotecati.

Il mutuo ipotecario, viene concesso dalle banche per finanziamenti a medio-lungo termine, mediante il quale il richiedente riceve l’intera somma di denaro in un’unica soluzione, restituendola nel termine pattuito, con rate di importo costante o variabile (in base al tasso: fisso, variabile, misto, doppio). Può essere richiesto nei casi di acquisto, costruzione o ristrutturazione di un immobile, o per rifinanziare o per sostituire mutui già ottenuti per le stesse finalità. E’ quindi definito “Ipotecario” poichè la garanzia viene data dall’ipoteca su un bene immobile.

Le differenze sostanziali tra i suddetti mutui, riguardano la destinazione del finanziamento, che nel caso del mutuo fondiario esso ha ragion d’essere in relazione all’acquisto di un immobile, mentre in quello ipotecario le finalità sono molteplici: acquisto, ristrutturazione, consolidamento debiti, liquidità ecc.; il mutuo fondiario prevede, tuttavia, condizioni più vantaggiose soprattutto per quanto concerne le spese notarili. E’ bene evidenziare che il mutuo fondiario è anche ipotecario, non il contrario.

Di seguito verrà approfondito il tema della violazione del limite di finanziabilità in caso di mutuo fondiario.
Come precedentemente anticipato, l’importo massimo erogabile non può superare l’80% del valore effettivo dell’immobile ipotecato, a garanzia della somma mutuata. La Corte di Cassazione , spiega che la percentuale, quindi il limite imposto alla finanziabilità del mutuo, deve necessariamente essere rispettato, in quanto trattasi di norma imperativa, la cui violazione determina la nullità integrale del contratto. La nullità è totale, in quanto colpisce l’oggetto del negozio e non solo una parte di esso. Il limite di finanziabilità persegue l’interesse pubblico, pertanto, mira alla mobilizzazione della proprietà immobiliare, aiutando, per di più, l’attività imprenditoriale.

Per calcolare l’apprezzamento del bene ipotecato, il giudice prende in considerazione il c.d. valore cauzionale, ovvero tiene conto della prospettiva di negoziabilità dell’immobile. È quel valore che, in caso di un’azione esecutiva, soddisfi a pieno il credito finanziato.

Altro approfondimento necessario su tale argomento riguarda la conversione (art. 1424 c.c.). Un “contratto nullo può produrre gli effetti di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma, qualora, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi che esse lo avrebbero voluto se avessero conosciuto la nullità”. L’istituto della conversione non è applicabile nel caso di violazione del limite di finanziabiltà, per i motivi sopra descritti.
Tuttavia, come affermato dalla Suprema Corte, la conversione può operare nei contratti di mutuo fondiario, qualora vi sia inconsapevolezza della violazione del limite di finanziabilità in capo al mutuante, e quando quest’ultimo opera in buona fede, non essendo a conoscenza del divieto normativo e quindi di un negozio oggettivamente illecito.

L’indagine del giudice di merito circa l’effettivo operare di tale conversione deve essere diretta a verificare se il credito sia stato erogato nella consapevolezza, o meno, del fatto che il valore dell’immobile non raggiungesse la soglia richiesta dalla legge, ovvero pure se il conseguimento dei peculiari «vantaggi fondiari» abbia costituito la ragione unica, o comunque determinante, dell’operazione; la sussistenza di anche una sola tra tali circostanze impone al giudice, secondo il preciso disposto dell’art. 1424 cod. civ., di escludere l’operare della conversione. Nel compiere tale indagine si deve tenere in conto, tra l’altro, che la misura del credito da erogare e la dimensione dei «privilegi» voluti dal mutuante costituiscono, per regola, proprio i momenti topici delle trattative relative alle operazioni di finanziamento fondiario” (Cass. Civ., sez. I, 09 maggio 2018, n. 11201. Est. Dolmetta).

Appare evidente che, non è sempre applicabile l’istituto della conversione, in quanto si andrebbe a “premiare” chi ha commesso un atto illecito, violando la Legge per scopi meramente speculativi.

Se vuoi avere ulteriori informazioni sul tema, non esitare a contattarci!

Saremo sempre a tua disposizione per ogni tipo di consulenza legale!

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[1] con varie sentenze, tra le quali 13 luglio 2017, n. 17352; 16 marzo 2018, n. 6586; 12 aprile 2018, n. 9079; 9 maggio 2018, n. 11201; 11 maggio 2018, n. 11543; 28 maggio 2018, n. 13285; 28 maggio 2018, n. 13286; 24 settembre 2018, n. 22459; 3 ottobre 2018 n. 24138; 19 novembre 2018, n. 29745; 28 giugno 2019, n. 17439; 27 novembre 2019, n. 31057; 21 gennaio 2020, n. 1193

BUONI FRUTTIFERI POSTALI

BUONI FRUTTIFERI POSTALI

BUONI FRUTTIFERI POSTALI.

SEI SICURO DI AVER RICEVUTO IL GIUSTO RIMBORSO?

E’ in continua crescita il contenzioso relativo ai buoni fruttiferi emessi da Poste Italiane S.p.A. e sempre più risparmiatori si vedono riconosciuto il diritto a ricevere rimborsi maggiori rispetto a quelli effettivamente liquidati.

Cerchiamo di capirne il motivo.

Prima del 1986, Poste Italiane emetteva dei buoni fruttiferi postali cosiddetti della serie “P”, i quali riportavano dei tassi di rendimento notevolmente vantaggiosi.

Successivamente all’entrata in vigore del Decreto Ministeriale del 1986 che ha disposto la riduzione degli interessi relativi ai buoni postali di futura emissione, Poste Italiane ha iniziato ad emettere i buoni fruttiferi della serie “Q” i quali prevedevano dei tassi di rendimento inferiori rispetto a quelli della serie “P”.

Tuttavia, per l’emissione dei buoni della serie “Q”, di durata trentennale, Poste Italiane ha continuato ad utilizzare gli stessi moduli in precedenza impiegati per i buoni della serie “P” i quali riportavano, quindi, i tassi di rendimento di quest’ultimi (più alti rispetto alla serie “Q”).

Per ovviare a questo problema, Poste ha ben pensato di apporre sul retro dei buoni in questione un timbro, con il quale veniva indicata la serie “Q” e il tasso di interesse applicato (più basso di quello riportato nel modulo utilizzato).

Fin qui tutto bene, sennonché i timbri apposti da Poste Italiane riportavano i tassi applicabili ai buoni della serie “Q” unicamente per i primi 20 anni di vita del buono, senza indicare il tasso applicabile tra il 21° e il 30° anno.

Sicché per tale ultimo decennio numerosi risparmiatori hanno fatto affidamento ai rendimenti riportati sui moduli in loro possesso appartenenti alla vecchia serie “P” ma al momento del rimborso hanno ricevuto una spiacevole sorpresa.

Poste, infatti, per i buoni fruttiferi in scadenza, ha iniziato a corrispondere rimborsi interamente calcolati sui tassi indicati nel timbro, ovvero quelli della serie “Q”, quando in realtà, per l’ultimo decennio, avrebbe dovuto corrispondere rimborsi parametrati sui tassi di interesse riportati nei moduli, ovvero quelli della serie “P” (circa il doppio più alti rispetto a quelli della serie “Q”).

Questa insana prassi di Poste Italiane non è stata condivisa dall’ABF (Arbitrato Bancario Finanziario), nonché da moltissimi Tribunali investiti del problema, i quali hanno riconosciuto ai risparmiatori il diritto di ricevere un rimborso maggiore rispetto a quello corrisposto da Poste Italiane.

Se hai acquistato un buono fruttifero postale della serie “Q” o comunque un buono fruttifero emesso tra il 1986 e il 1999, contattaci e consentici di esaminarlo gratuitamente. Possiamo aiutarti ad avere diritto a un rimborso maggiore di quello riconosciuto!

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