L’acronimo IVA deriva dalla più ampia denominazione di “Imposta sul Valore Aggiunto”. È un’imposta applicata a partire dal 1968 dalla maggior parte dei Paesi nel mondo (quest’ultima è oggi disciplinata dal D.P.R 633 del 26 ottobre 1972). L’IVA si applica come contributo sul valore aggiunto in ogni fase di produzione, e/o scambio di beni e/o servizi.

Perché le bollette, in particolar modo quelle relative all’erogazione dell’energia elettrica, risultano essere sempre più “salate”? È possibile intervenire affinché vengano ridotti gli importi che i consumatori vedono addebitarsi?

Nel seguente articolo si andrà ad analizzare l’evoluzione che in questi giorni si sta registrando sul tema in oggetto.

Gli importi richiesti ai consumatori tramite le bollette relative al consumo di energia elettrica (luce), non dipendono unicamente dal consumo effettivo, bensì ad essi vanno aggiunte le maggiorazioni relative alle imposte, come l’IVA e le accise. L’IVA si calcola sul valore economico del servizio erogato, nella percentuale del 10% per uso domestico, e del 22% per attività commerciali; mentre le accise dipendono dalla quantità del consumo di energia (kWh).

Ciò che fa aumentare in maggior misura l’importo della bolletta è proprio l’IVA, in quanto essa viene calcolata sul valore complessivo di tutte le voci di spesa presenti in bolletta. Così facendo, si concretizza di fatto il pagamento di una imposta su un’altra. Sulla base di quanto appena espresso, è lecito qualificare tale sistema come una ingiustizia subita dal consumatore.

Sul punto, alcuni giudici stanno evidenziando le criticità relative al calcolo degli importi relativamente alle bollette emesse per l’erogazione del servizio di fornitura dell’energia elettrica.

Una recente sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Varese (n. 504 del 12 dicembre 2019), ha sollevato il problema, statuendo che dall’importo della bolletta deve essere sottratta l’IVA, (dai c.d. oneri generali di sistema) perché sulla base imponibile, le imposte vengono già comprese ed addebitate al consumatore.

I suddetti oneri hanno natura tributaria, pertanto non posso essere “tassati” con l’IVA.             L’ARERA (Autorità di regolazione per energia reti e ambiente), li definisce come componenti utilizzati per la copertura dei costi per l’attività di interesse generale, confermando quanto stabilito dai giudici di Varese. Tramite il loro sito web è possibile leggere che “Con le bollette dell’energia elettrica, oltre ai servizi di vendita (materia prima, commercializzazione e vendita), ai servizi di rete (trasporto, distribuzione, gestione del contatore) e alle imposte, si pagano alcune componenti per la copertura di costi per attività di interesse generale per il sistema elettrico nazionale: si tratta dei cosiddetti oneri generali di sistema, introdotti nel tempo da specifici provvedimenti normativi”.

In questi casi l’IVA non è dovuta.

Lo stesso criterio non può quindi essere utilizzato per “altri”costi relativi all’importo riportato in bolletta, come quelli relativi al trasporto dell’energia stessa tramite la rete elettrica o per la gestione del contatore. Purtroppo, in questi casi, l’IVA viene applicata.

La tesi dei giudici di Varese ancora non trova riscontri rispetto agli orientamenti della Suprema Corte, la quale non ha ancora dato risposte sul merito della problematica. Nel caso in cui la Suprema Corte confermi quanto appena esposto, si potrà chiedere alle società elettriche la restituzione di tutte le somme pagate dai consumatori a titolo di IVA, calcolata sugli oneri generali di sistema.

Nel mentre, potrebbe essere fondamentale l’invio di una raccomandata A/R alle società elettriche a titolo di messa in mora, con relativa richiesta di rimborso dell’IVA non dovuta, interrompendo la prescrizione del termine 2 anni.

Saremo a tua disposizione per sciogliere ogni dubbio, rispondendo ad ogni domanda sulla questione!

Indicheremo noi la via più semplice e veloce da intraprendere!

 

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